L'intervista
Porto, turismo e ambiente. Caserta (Pd): «Nessuno ha il certificato di chi è più a sinistra: sediamoci allo stesso tavolo, ma senza pregiudizi»
La posizione dem sul nuovo piano regolatore portuale è stata contestata dalla società civile. «Vogliamo i turisti, ma non vogliamo gli yacht. I ricchi non li dobbiamo cacciare, li dobbiamo tassare», replica il capogruppo
«Il Partito democratico definisce con chiarezza la sua linea, ma l'ultima cosa che vuole fare è separarsi dal resto della sinistra. Cerchiamo un confronto sereno, senza abiure. Perché nessuno ha il certificato di chi è più di sinistra. Potremo fare un confronto serio quando tutti smetteranno di dare le benedizioni a questo sì e a quello no». Maurizio Caserta, capogruppo del Pd al Consiglio comunale di Catania, lo dice con il suo consueto aplomb, ma senza nascondersi dietro a un dito: le forze progressiste possono stare insieme nel rispetto delle differenze e se si capisce che la linea dem non è quella dei "no", ma quella di chi «vuole portare a casa dei risultati per il bene di tutta la città».
Il punto di partenza è il Piano regolatore del Porto. La linea del Pd si è discostata da quella del Movimento 5 stelle e della società civile catanese: se gli altri lo hanno rimandato al mittente, voi avete avuto una linea più dialogante, in particolare in relazione alla questione della Scogliera d'Armisi.
In aula ci fu una discussione piuttosto impegnativa.
«Molti gruppi in Consiglio comunale sposarono le richieste delle associazioni, inclusa anche Confcommercio, in particolare Movimento 5 stelle e Movimento per l'autonomia. Quelle osservazioni diventarono in molti casi emendamenti che vennero approvati. Essenzialmente i temi erano due: quello ambientale, in relazione agli ampliamenti a nord e a sud dell'attuale infrastruttura; e quello volumetrico, rispetto alle nuove costruzioni. È sotto gli occhi di tutti come la delibera emendata riduca notevolmente le volumetrie».
Lei sulla Scogliera d'Armisi ricordò che molti interventi si stavano concentrando sulla "protezione" di un'attività economica privata, il lido omonimo...
«E ricordai anche l'estrema vicinanza con il tracciato dei binari; la cementificazione di fatto già avvenuta di quella parte di scogliera, che è sotto a una strada; e la presenza degli scarichi fognari che rendono quel tratto non balneabile per inquinamento. Non sono forse anche questi temi ambientali che varrebbe la pena ricordare?».
Perché bisogna che i temi si escludano? Perché non si può parlare sia della tutela della Scogliera da nuove edificazioni sia della rimozione degli scarichi fognari in favore dell'allacciamento alla rete e del convogliamento dei refllui al depuratore di Pantano d'Arci?
«Chi ha detto che non si può? È quello che noi andiamo dicendo da sempre. Assieme a un'altra cosa molto semplice: il porto ha degli interessi che devono essere protetti. È un'attività anche commerciale, che dà lavoro a migliaia di persone. E per discutere del suo futuro bisogna partire dai dati. Sui 57 porti italiani "di sistema", Catania è al quarto posto per entità del traffico commerciale e al 41esimo posto a proposito, invece, del traffico turistico. Catania deve essere solo un porto turistico? È come se un commerciante togliesse dall'assortimento il prodotto che vende di più».
È un cane che si morde la coda, però. Perché senza un'infrastruttura adatta al turismo, non si può migliorare quel dato. E non si ha un'infrastruttura adatta al turismo perché non si vuole cedere il traffico commerciale spostandolo tutto sul porto, più grande, di Augusta.
«È vero, e io non lo nego. Il punto è che una linea pregiudiziale, che mette un interesse di fronte a tutti gli altri, non ha senso. Il porto è un'attività economica e, come per tutte le attività economiche, bisogna fare un bilanciamento dei costi. Ci troviamo di fronte a un conflitto intergenerazionale: gli equilibri occupazionali di oggi, lo sviluppo sostenibile per le generazioni future. Io credo che l'approccio giusto sia riconoscere che esistono due interessi e mediare tra quelli. Penso che il Prp, alla fine, sia riuscito a farlo, anche perché sposta la linea della nuova darsena a nord, mantenendone inalterata una buona parte. E vorrei aggiungere una cosa...».
Prego.
«Non possiamo volere un porto turistico e rinunciare allo spazio per le grandi navi e gli yacht perché i ricchi non ci piacciono. I ricchi non li dobbiamo allontanare, li dobbiamo tassare. E tassare tanto. Dobbiamo ridistribuire la loro ricchezza. Non è abbastanza di sinistra? La ridistribuzione, però, non si fa solo con la fiscalità, si fa anche non cancellando posti di lavoro».
È questa posizione sulla nuova darsena turistica quella che vi è costata gli attacchi più duri, da sinistra.
«Il centrodestra ne è ben contento. Il Pd non cerca né benedizioni né sconfessioni, noi siamo un partito che ha ambizioni di governo. Molti dicono che è meglio perdere che mettere in discussione la propria posizione; il fatto è che l'azione politica si misura dai risultati ottenuti. Il ragionamento di chi preferisce perdere è elitario, è di chi non si sporca le mani. Partendo, però, da un presupposto errato: non è vero che è più virtuoso chi blocca tutto, perché le speculazioni si fanno anche impedendo lo sviluppo a beneficio delle comunità. Non è vero che chi cerca di raggiungere una condizione di equilibrio è complice: è una fatwa intollerabile. La vera partita sul porto si gioca più avanti».
Cioè quando?
«Quando sarà approvato il piano definitivo e si vedrà cosa contengono i progetti; quando si saranno trovati i soldi e ci saranno da affidare gli appalti. In quel momento lì sarà essenziale una sinergia tra le associazioni e un filo diretto con il consiglio comunale. Se non lavoriamo tutti insieme non possiamo garantire i controlli davvero stringenti di cui ci sarà bisogno».
Sembra un appello.
«Lo è. Anche a rinunciare al vecchio vizio interno alla sinistra di dire "Ho ragione io", perché a quel gioco si gioca a otto anni».
Anche dentro al gruppo consiliare del Partito democratico apparite spesso spaccati. Mi riferisco alla linea del consigliere Damien Bonaccorsi, spesso più vicina al Movimento 5 stelle che a lei.
«Il Pd è un partito plurale. Il dissenso è sempre lecito, anzi, desiderabile perché dà forza a chi poi deve prendere delle decisioni».
Come vede l'attuale maggioranza comunale al giro di boa di metà mandato?
«Il centrodestra a Catania è in uno stato di scomposizione continua. Solo in questo momento in uno stato di sedimentazione per via del rimpasto di giunta. Per il resto, le nuove piazze piacciono a tutti, va benissimo, ma un Comune ha tre priorità da garantire che incidono sulla vita di tutti i giorni delle persone: servizi sociali, trasporti e igiene urbana. Su questo quello che vedo è un totale fallimento».
