il racconto
Pd, Schlein tace sulla faida siciliana e lascia a Provenzano il ruolo di "casco blu"
La segretaria alla festa regionale "dimezzata" dalle assenze degli anti-Barbagallo. L'ex ministro: «Bisogna fare come a Roma». Appello al centrodestra: «Chi non prende le distanze è complice di Schifani, Cuffaro e Sammartino»
Elly Schlein a Catania con Anthony Barbagallo e i giovani del Pd Sicilia
«Parliamone con franchezza». Alla Festa regionale del Pd è Peppe Provenzano a non sottrarsi al tema delle divisioni interne al partito siciliano. La frattura tra la segreteria di Anthony Barbagallo e buona parte del gruppo all'Ars non si è sanata. Le modalità che hanno portato all'elezione del segretario continuano a essere contestate e sono finite sul tavolo della commissione nazionale di garanzia che non si è ancora espressa. Per Provenzano, però, è tempo di chiudere questa fase. «So di cosa parliamo, anche io per anni sono stato minoranza nel partito - afferma, ricordando i tempi dell'opposizione a Matteo Renzi -ci tengo alle regole, ma garantisco che abbiamo i meccanismi per garantire i diritti di tutti. Allo stesso tempo però tutti dovremmo sentire il dovere dell'unità».
Il richiamo è a entrambe le parti in conflitto: «È innanzitutto responsabilità di chi guida una comunità costruire le condizioni per l'unità», dice Provenzano rivolgendosi a Barbagallo che lo ascolta dalla prima fila. «Molto spesso in questi mesi - continua - la nostra discussione interna non è stata all'altezza. Siamo stati troppo concentrati nella polemica interna mentre la destra siciliana andava in bancarotta morale. Stiamo assistendo al crollo di un sistema di potere, l'inizio di una slavina che può arrivare anche a Roma». L'accusa per il gruppo oppositore alla segreteria è guardare il dito anziché la luna. Anche perché a livello nazionale, ricorda il vice di Elly Schlein, il partito ha messo da parte le divisioni. «Questo è anche merito di Bonaccini. Abbiamo interrotto una prassi che nel Pd ha rappresentato una rovina: dopo l'elezione del segretario iniziava il tiro al piccione. Oggi non è più così. Ma lo spirito unitario non si può fermare a Villa San Giovanni».
Eppure nei giorni della festa a Catania sono stati avvistati solo quattro deputati regionali su 11: Valentina Chinnici, Dario Safina, Antonio Cracolici e Nello Dipasquale. Mentre alla vigilia della visita di Schlein, l'ex eurodeputato Pietro Bartolo ha annunciato di lasciare la segreteria regionale dopo appena cinque mesi, perché frustrato da «mancata valorizzazione e incapacità di cucire le divisioni».
La segretaria nazionale non entra nel merito. Loda «la vivacità del partito siciliano» e ritiene ormai una precondizione l'unità della coalizione, già un traguardo considerate le spaccature delle elezioni del 2022 che spalancarono la strada alla vittoria di Schifani. Ma al Nazareno sanno che il campo largo siciliano, da solo, non può bastare per battere le destre. Che fare allora? «Aprire il partito», è la parola d'ordine. Alle associazioni, agli amministratori civici, ai sindacati, agli imprenditori. «Pure nella chiesa che si batte per la marginalità sociale c'è spazio», precisa Provenzano che poi affronta anche il tema tabù: il dialogo con una parte del centrodestra.
«La Sicilia - analizza - avrebbe bisogno di un governo di salute pubblica, con tutte le persone perbene che ci stanno, ma non c'è la maturità politica, non ci sono le condizioni. C'è un pezzo della destra non coinvolta in questo sistema di potere. Ma se in questa destra nessuno prende le distanze da Cuffaro, Schifani e Sammartino - conclude - allora anche loro diventano complici».