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il centrosinistra

Provenzano tira le orecchie al Pd siciliano: «Basta polemiche, inaccettabile dividersi quando la destra è in crisi»

L'ex ministro ieri a Siracusa invoca l'unità del partito, parla di «un modo autolesionista di discutere tra di noi» che deve finire, di «errori nelle candidature». E traccia la strada verso le elezioni

Salvo Catalano

18 Novembre 2025, 12:56

peppe provenzano

A un certo punto Peppe Provenzano smette di parlare di Totò Cuffaro e Renato Schifani e affronta il tema più delicato per la platea che ha davanti: la spaccatura interna al Partito democratico siciliano. «Abbiamo il dovere di avviare un processo politico - dice immaginando un ritorno alle urne anticipato nell'isola - in primis il Pd deve essere in campo. Però siamo onesti: noi siamo pronti come Pd siciliano? No, per essere pronti dovremmo fare una moratoria delle polemiche interne al partito. Non è accettabile che nel momento di maggiore crisi della destra, si levino voci che vogliono riportare la discussione sui problemi interni al Pd». 

Siracusa, lunedì pomeriggio. L'ex ministro originario di Milena presenzia al convegno "Liberiamo la Sicilia da malaffare, corruzione e clientele" organizzato dai dem, in cui anche la segretaria Elly Schlein interviene in video collegamento. Già soltanto la lista dei partecipanti sembra svelare un primo disgelo all'interno del Pd siciliano. Ci sono sia il segretario regionale Anthony Barbagallo con buona parte della sua segreteria, la presidente del partito Cleo Li Calzi, il senatore Antonio Nicita. Ma c'è anche Tiziano Spada, del gruppo all'Ars che contesta l'elezione di Barbagallo. Oltre al presidente della commissione regionale Antimafia Antonello Cracolici. Spada nei mesi scorsi era stato protagonista di un acceso scontro con Piergiorgio Gerratana, il segretario provinciale del partito della sua provincia, Siracusa. Ieri erano entrambi presenti. Ma la scelta del capoluogo aretuseo come luogo del convegno - precisano dal partito - è dettata solo dal fatto di essere uno degli epicentri dell'inchiesta Cuffaro. Alla locale azienda sanitaria, infatti, sarebbe stata truccata la gara per i servizi di ausiliariato assegnata poi alla società Dussman.

Provenzano prima spiega perché, secondo lui, nei prossimi mesi potrebbe esserci un'accelerazione verso la fine del governo Schifani e un ritorno al voto anticipato. «Dobbiamo provare a essere pronti, perché quello che sta avvenendo l'abbiamo già visto 20 anni fa. Siamo davanti al crollo di un sistema di potere. È l'inizio di una slavina che può arrivare anche a Roma e Roma potrà decidere, per convenienza più che per convinzione, di porre fine a questa esperienza. Schifani ha spalancato le porte della Regione a Cuffaro, non è legittimato ad andare avanti per manifesta impossibilità di farlo». Parole più esplicite, ma che ricordano quelle espresse pochi giorni fa dall'ex governatore Nello Musumeci: «Il problema - aveva detto il ministro riferendosi all'inchiesta - è capire che se si accetta questo sistema si diventa complici, se invece ti metti di traverso allora ti isolano e diventi divisivo, diventi un problema». Con chiaro riferimento alla differenza tra lui e Schifani. 

Ecco perché Provenzano invita il Pd siciliano a concentrarsi nel «costruire un'alternativa». «L'unità - dice - è una pre condizione per giocare la partita. Noi non possiamo dire che tutta la destra è complice di un sistema criminale. Altrimenti credo che faremmo male il nostro lavoro. E siccome nella destra si sono levate alcune voci di presa di distanza, dobbiamo chiamarli alla coerenza, per aprire qualche contraddizione al loro interno. C'è una contraddizione fortissima tra la dimensione regionale e nazionale». Basta litigare dentro il Pd. «Ci sono le sedi in cui affrontare i problemi. Ma a livello territoriale tutti dobbiamo fare passi avanti, perché senza la Sicilia non costruiremo un'alterativa nazionale. Dovremmo tornare a imparare a discutere tra di noi, perché come fatto fin qui non va bene. Un pezzo dell'alternativa che dobbiamo costruire è anche un'alternativa a quello che siamo stati finora, a questo modo autolesionista di discutere tra di noi».

Quindi l'ammissione di «aver compiuto errori, io per primo mi assumo un pezzo della responsabilità. Abbiamo fatto scelte - continua - anche sulle candidature, in cui il messaggio era: non ci crediamo di potere vincere la partita. Invece mai come in questo momento quello di provare a vincere è un dovere di cui dobbiamo sentire la responsabilità».

Se si leggono parallelamente il discorso di Provenzano e quello di Schlein, la linea per il prossimo futuro sembra chiara. La segretaria nel suo discorso ha citato più volte l'associazionismo, ha parlato del movimento che domenica si è riunito a San Giovanni Gemini siglando il primo patto per restare in Sicilia a difesa del diritto di non emigrare. Anche lei ha sottolineato che l'unità dei partiti del fronte progressista «non basta». Che serve coinvolgere «il fermento» di chi sta fuori dalla politica. Tutte premesse che portano anche a disegnare l'identikit del prossimo candidato governatore del campo largo siciliano: una personalità esterna ai partiti che possa essere attrattivo anche per la vera società civile impegnata. Un profilo agli antipodi rispetto alla scelta dell'ultima candidata alla Regione, Caterina Chinnici, oggi europarlamentare di Forza Italia.