Il retroscena
Manlio Messina, la pazza idea il ritorno (ma non subito) del “Fratel prodigo”
L’ex vicecapogruppo di FdI alla Camera era all’evento di La Russa, che in estate l’aveva accolto a Ragalna porte girevoli Il commissario Sbardella «Siamo un partito aperto» I pontieri e i nemici. Pesano i mancati voti sulla giustizia

Manlio Messina, ex deputato di Fratelli d'Italia oggi al gruppo misto, in una selfie con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni
E se fosse vero che, a pochi mesi del rumoroso addio a colpi di porte sbattute, arrivasse il dietrofront, con un rientro ancor più clamoroso? Magari «non subito, perché certe cose hanno bisogno di tempo per maturare al punto giusto», come rivelano fonti meloniane di primo livello. Eppure, il tema del ritorno del “Fratel prodigo” non è più soltanto una suggestione estiva. E non soltanto perché, nel primo pomeriggio di vago grigiore autunnale, Manlio Messina è stato avvistato a Catania, sabato scorso, in quello che di fatto era un evento di partito: “Che si dice, senatore?”, la commemorazione dell’«epopea» (così recava la locandina) del padre di Ignazio La Russa, Nino, a vent’anni dalla morte. L’ex vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera ha fatto capolino, fasciato da un trench bianco panna con cui non poteva passare inosservato, mentre era in corso l’accorato intervento di Nello Musumeci; è rimasto nella sala delle Ciminiere per una ventina di minuti, tenendosi lontano dalle prime file ma scambiando un sorriso d’intesa con il presidente del Senato padrone di casa; infine, è sgattaiolato, dopo aver dispensato e ricevuto abbracci, strette di mano e pacche sulle spalle, mentre il ministro del Mare ancora parlava a braccio.
Soltanto una visita di cortesia? Non proprio, visto che già con La Russa c’era stato un lungo e schietto colloquio estivo nella villa presidenziale di Ragalna. Magari la presenza al convivio di sabato va inquadrata, oltre che come un segno di riconoscenza a uno dei big del partito con cui è rimasto un rapporto solido anche dopo le dimissioni dello scorso agosto, come un test stile Jannacci “per vedere di nascosto l’effetto che fa”. Partendo da un presupposto: nessuno ha mai detto che le porte di FdI, per Messina, siano chiuse per sempre. Il suo ritorno? «È sempre possibile. Il nostro è un partito aperto. Accogliamo gente che non è mai stata con noi, quindi figurarsi. Se dovessero esserci ripensamenti - rivelava il commissario regionale Luca Sbardella lo scorso 10 agosto a La Sicilia - siamo ben lieti di riaccoglierlo».
E magari qualche ripensamento, magari nel corso di una lunga vacanza estiva in America, fra le silenziose immensità di Gran Canyon e Monument Valley, ci sarà stato. Anche se lo stesso Sbardella, alla richiesta di aggiornamenti sul caso Messina, ieri taglia corto: «Non ci sono aggiornamenti: tutto è rimasto com’era. Se ci sono delle novità, non sono passate da me...». Il viceré meloniano di Sicilia ha comunque mantenuto un rapporto con il suo ex collega di gruppo. «A Montecitorio è già capitato di incontrarci e di parlare». Certo, in vista di un’eventuale “redenzione”, sarebbe stato più opportuno che Messina (ora iscritto al gruppo misto della Camera, ma, per sua stessa ammissione «continuando a sostenere il presidente Meloni e il suo governo») non fosse stato assente in due votazioni importanti sui temi della giustizia. «Se Manlio vuole davvero tornare - commenta un parlamentare siciliano di FdI - ha sbagliato a non esserci».
Ma vuole davvero tornare? Lui, con gli ex colleghi di partito, resta sul vago: «Non è una questione che dipende solo da me», aggiungendo che l’unica svolta immediata potrebbe arrivare «se me lo chiedesse chi me lo deve chiedere». Magari Giorgia Meloni in persona, che ha risposto con un totale silenzio all’uscita del siciliano un tempo più vicino a lei, anche se sembra una circostanza alquanto irrealizzabile. Da Via della Scrofa hanno tagliato ogni ponte: nessun contatto con Arianna Meloni, né con Francesco Lollobrigida, altro main sponsor di Messina ai tempi d’oro, e in più c’è l’ostracismo dichiarato di Giovanni Donzelli, che nel partito tutti indicano come il registra occulto del reset di FdI in Sicilia, con l’invio di Sbardella, al termine del quale l’unico della classe dirigente regionale a pagare è stato proprio l’ex vicecapogruppo vicario della Camera, declassato a deputato semplice. Rapporti solidi, invece, sono rimasti con il suo ex capogruppo Tommaso Foti, oggi ministro, e con il successore Galeazzo Bignami. Sono loro due, oltre La Russa e a Musumeci (pur con la sua consueta morigeratezza), i pontieri del ritorno del già golden boy meloniano. Loro assieme «ai tanti amici del partito siciliano che vorrebbero che tornassi a casa mia», come ricorda il deputato che sui profili social non ha mai rimosso le cariche rivestite per conto del partito.
Oggi Messina, comunque, si sente più forte rispetto a quello che aveva definito «un lento, ma costante, processo di emarginazione». Dalla Procura di Palermo è arrivata l’archiviazione per i dirigenti del Turismo sotto inchiesta per le “spese allegre” di Cannes, con la «gioia» espressa via social dall’ex assessore (peraltro non indagato), in attesa di capire l’evoluzione dell’invito a dedurre notificato agli stessi burocrati dalla Corte dei Conti regionale, che potrebbe a breve disporre la citazione in giudizio per danno erariale. Eppure i tempi della denunciata «gogna pubblica senza concreta possibilità di dimostrare la propria innocenza o estraneità ai fatti», emersa anche con il voyeurismo sulle carte dell’inchiesta su Gaetano Galvagno, sembrano lontani. E sarà lo stesso Messina l’artefice del suo destino politico. «Valuterò nei prossimi giorni se proseguire il mandato parlamentare», proclamò dopo l’addio al partito. Dove potrebbe ritornare a breve, magari dopo i primi verdetti ufficiali dell’inchiesta di Palermo.
Anche se resta la tentazione di tornare «alle mie cose». Come quelle evocate da un sibillino messaggio diffuso sui social qualche giorno fa: «Sei pronto a toccare il cielo con un clic?». In ogni caso, il mantra esistenziale resta quel parallelismo con i gabbiani utilizzato in un malinconico post d’addio: «Continueremo a volare liberi e felici come un tempo!». Senza escludere un atterraggio d’emergenza nel rassicurante nido meloniano.