il caso a catania
Innamorato e vandalo imbratta i palazzi di via Garibaldi
Edifici storici deturpati da un writer: nessuno ha visto alcunché
Una delle strade più centrali e storicamente più importanti di Catania, via Giuseppe Garibaldi, continua purtroppo a essere bersaglio di atti di vandalismo che lasciano davvero senza parole. A oltre un anno dalle prime scritte con vernice spray apparse su undici facciate – ed eliminate solo in due casi, ai numeri 315 e 336, con una tinteggiatura adeguata – il responsabile è tornato in azione. Lo stesso deturpatore, evidentemente privo di buon senso e rispetto per gli altri, ha ripreso a scrivere i suoi messaggi (rivolti a una donna che vorrebbe riconquistare?) nelle pareti esterne di negozi della via, imbrattandole con scritte eccessivamente evidenti.
Questo ennesimo atto vandalico ha suscitato indignazione tra commercianti e residenti, stanchi di vedere compromesso il decoro urbano e il patrimonio architettonico cittadino.
Le scritte comparse sui muri, oltre al gesto incivile in sé, rivelano anche una sorprendente mancanza di consapevolezza linguistica. In tutte le frasi compare infatti lo stesso errore: il termine siciliano “minnuzzi” (seni piccoli) è scritto con una sola “n” invece di due. Un dettaglio che va oltre la semplice svista ortografica, diventando il simbolo di una doppia forma d’ignoranza: quella nei confronti del rispetto e della cura per gli spazi comuni e quella verso la lingua e la cultura che si pretende di rappresentare.
L’autore di questo deturpamento ha usato ancora una volta vernice rossa e nera per imbrattare le facciate con scritte simili, dello stesso tenore di quelle già comparse più di un anno fa: “Minuzzi vorrei dimenticarti ma non posso. Il mio cuore non vuole”, “Minuzzi sei il mio piacere e il mio desiderio più grande”, “Minuzzi ti amo”, “Minuzzi ti vogliooo sempre”.
Nonostante il reato di deturpamento e imbrattamento di beni altrui sia punito dall’articolo 639 del Codice Penale, il vandalo sembra non avere alcuna preoccupazione riguardo a eventuali conseguenze. Le telecamere di sorveglianza, installate in prossimità di alcune attività commerciali, non lo hanno impensierito minimamente, e così ha continuato a operare indisturbato, imbrattando altre superfici parietali. Immune da ogni responsabilità (finora l’ha fatta franca) e dal rispetto per ciò che è collettivo, ha continuato la sua opera d’imbrattamento – ignorando il danno che provoca non solo agli edifici storici ma anche all’identità e alla bellezza stessa della città – agendo ancora una volta senza alcun problema. Ora toccherà a qualcun altro occuparsi del ripristino, affrontando una spesa non indifferente per riportare le facciate al loro aspetto originale, coprendo le scritte con una mano di vernice o usando prodotti svernicianti.
Non è la prima volta che in città si verificano episodi simili. Una moda sempre più diffusa quella dei muri che raccontano storie, ma che sempre più spesso però imbruttiscono e deturpano anziché abbellire. Tra vicoli, cavalcavia e saracinesche abbassate, la città è diventata una “tela urbana” dove si mescolano rabbia, poesia e identità. I graffitari catanesi, spesso anonimi, lasciano segni di sé tra i quartieri popolari di San Cristoforo e le strade del centro storico, sfidando il confine tra arte e vandalismo. Ciò che resta è l’amarezza per i prospetti deturpati.
Fortunato Orazio Signorelli