Moda
Le accuse a Tod's della Procura di Milano: "Profitti sfruttando i lavoratori cinesi negli opifici"
Indagati tre manager della spa, iscrivendo la stessa società per la responsabilità amministrativa
Tod’s, colosso della moda di Diego Della Valle, si sarebbe avvantaggiato consapevolmente di un "sistema illecito" che ha «generato enormi profitti grazie allo sfruttamento della manodopera cinese, pesantemente sottopagata». E non ha «ad oggi modificato in alcun modo il proprio modello organizzativo e continua ad avere come fornitori alcuni soggetti coinvolti» in questo meccanismo.
Proprio per un «grave pericolo di reiterazione» del caporalato, il pm di Milano Paolo Storari ha chiesto per il brand il divieto di pubblicizzare i prodotti per sei mesi. E ha indagato per quel reato tre manager della spa, iscrivendo la stessa società per la responsabilità amministrativa.
Si tratta di un salto di livello negli accertamenti, di cui una parte era già venuta a galla. Se a dicembre 2024, infatti, la Procura diretta da Marcello Viola aveva chiesto, come accaduto per altre cinque griffe del lusso, l’amministrazione giudiziaria per un anno dell’azienda per omessi controlli nella filiera dei subappalti della produzione, in un procedimento di prevenzione in cui né Tod’s né suoi responsabili erano indagati, ora gli inquirenti, nelle indagini del Nucleo ispettorato del Lavoro dei Carabinieri, hanno aperto un fronte penale.
«In merito alle nuove contestazioni sulla medesima vicenda - fa sapere Tod’s - la società sta ora esaminando con la stessa tranquillità l’ulteriore materiale prodotto, con preoccupante tempismo, dal dottor Storari».
"Essendoci un procedimento in corso - si legge in una nota della società - riteniamo corretto dibattere nelle sedi ufficiali, onde evitare ulteriore confusione".
La società sottolinea: "Vogliamo ancora una volta rimarcare che il nostro Gruppo è spesso considerato un modello di comportamento e che da sempre tiene in assoluta considerazione la salute e la qualità della vita dei propri dipendenti."
La società dà conto che la Cassazione «ha rigettato ieri le richieste e il ricorso» del pm. La Suprema Corte era stata chiamata a sciogliere il nodo sulla competenza territoriale, dopo la richiesta della Procura alla Sezione misure di prevenzione. Il tema era stabilire se il procedimento spettasse a Milano o ad Ancona, in quanto due laboratori erano nelle Marche, dove ha sede la società. I giudici hanno respinto il ricorso del pm, dopo che Tribunale e Corte d’Appello avevano indicato Ancona come sede.
Su un binario diverso il 3 dicembre si discuterà l’istanza di interdittiva pubblicitaria davanti al gip Domenico Santoro, che dovrà decidere. Manager e dirigenti del marchio, scrive il pm, non avrebbero tenuto «minimamente conto dei risultati» di alcune ispezioni, dal 2023 in avanti, negli opifici - sei quelli al centro del presunto caporalato tra le province di Milano, Pavia, Macerata e Fermo - e di audit su quei fornitori che «davano atto di numerosi indici di sfruttamento» degli operai, per quanto riguardava orari di lavoro, paghe sotto soglia, igiene, norme di sicurezza (anche macchine cucitrici 'accelerate', per l'accusa, per produrre di più) e condizioni alloggiative degradanti.
In un atto di 144 pagine vengono ripercorse tutte le presunte violazioni. E ciò, per la Procura, nella «piena consapevolezza» di Tod’s, perché i responsabili avrebbero ignorato le relazioni del certificatore esterno. «Il nostro è un gruppo rispettato nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole. Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre aziende», aveva detto Diego Della Valle in una conferenza stampa il 10 ottobre.
Il pm imputa, invece, una «cecità intenzionale da parte di Tod’s». Tra gli elementi, poi, un «contratto d’appalto» tra la spa e «Evergreen», che ha «4 dipendenti e locali inidonei per un’attività produttiva». Contratto in cui sono stati inseriti dati «palesemente falsi», perché «Evergreen non ha alcuna linea di produzione». E quest’ultima viene autorizzata «a delegare parte dell’attività» a fornitori, tra cui due laboratori «dove avviene - scrive la Procura - lo sfruttamento».
«Se non lavoro non vengo retribuita, perché vengo pagata in base alle tomaie che realizzo», ha messo a verbale un’operaia. Altri hanno raccontato che dormivano in camere sopra i capannoni e che dovevano pagare «150 euro». La manodopera, segnala il pm, «è attinta a ciclo continuo, h24, con particolare produttività nelle ore notturne» e nei festivi, quando non ci sono «controlli».