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Decreto salva ex Ilva: 108 milioni fino al 2026, ma occupazioni e scioperi paralizzano Taranto

Per i lavoratori arrivano 20 milioni aggiuntivi con integrazione statale fino al 75% del trattamento di cassa integrazione straordinaria, finora sostenuta direttamente da AdI

Redazione La Sicilia

20 Novembre 2025, 20:08

Decreto salva ex Ilva: 108 milioni fino al 2026, ma occupazioni e scioperi paralizzano Taranto

Il Consiglio dei ministri vara un nuovo decreto per l’ex Ilva e prova a garantire la continuità operativa di una fabbrica allo stremo. Il provvedimento autorizza Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria a utilizzare i 108 milioni residui del finanziamento ponte fino a febbraio 2026, data in cui è attesa la conclusione della procedura di gara per l'individuazione dell'aggiudicatario.

I restanti 92 milioni del finanziamento sono già stati destinati agli interventi essenziali sugli altoforni, alle manutenzioni ordinarie e straordinarie, agli investimenti ambientali connessi alla nuova Aia e al piano di ripartenza.

Per i lavoratori arrivano 20 milioni aggiuntivi per il biennio 2025-2026, con integrazione statale fino al 75% del trattamento di cassa integrazione straordinaria, finora sostenuta direttamente da AdI.

Intanto, la mobilitazione interessa tutti i siti del gruppo. Taranto oggi si è svegliata con il rumore metallico dei cancelli serrati e il frastuono delle voci dei lavoratori che riempivano i piazzali dello stabilimento. L’ex Ilva è stata occupata, le strade attorno al siderurgico bloccate, il traffico paralizzato. La protesta dei lavoratori ha trasformato il cuore industriale della città in un fortino, mentre fuori la rabbia si riversava sull'asfalto, tra bandiere, caschi e slogan che ancora risuonano.

Fim, Fiom, Uilm e Usb hanno riunito i lavoratori alla portineria imprese e nella sede del consiglio di fabbrica dopo la rottura tra governo e sindacati e annunciato un pacchetto di iniziative: sciopero immediato (che si concluderà alle 7 di domani), occupazione di reparti e blocchi stradali, rimossi parzialmente dopo alcune ore.

«È in corso - hanno precisato le organizzazioni sindacali - lo sciopero articolato in tutti gli stabilimenti di Genova, Novi Ligure, Taranto, Racconigi, Salerno e nelle prossime ore si riuniranno Milano, Paderno Dugnano, Marghera e Legnaro». Il nuovo decreto agevolerà la ripresa del dialogo? In serata a Genova è stato revocato il presidio di piazza a Cornigliano. Intanto il ministro Urso ha fissato per venerdì 28 novembre, a Palazzo Piacentini, un incontro unitario (inizialmente centrato solo su Genova-Cornigliano e gli stabilimenti del Nord). Ma le organizzazioni sindacali ribadiscono «che la ripresa del confronto sull'ex Ilva dovrà avvenire esclusivamente a Palazzo Chigi con il ritiro del piano presentato da parte del governo».

Ai cancelli dello stabilimento di Taranto campeggiano cartelli che accusano il governo e parlano di futuro negato. Anche il sindaco di Taranto Piero Bitetti ha raggiunto il presidio principale, schierandosi al fianco dei manifestanti. «Non saremo disponibili - ha detto - ad accettare una macelleria sociale. Ho scritto direttamente al presidente del Consiglio Meloni invitandola a Taranto, noi abbiamo bisogno di verità».

Nel frattempo si moltiplicano le prese di posizione dal mondo politico e sindacale. Per il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini «è giusto che lo Stato sia protagonista. Io non faccio il ministro dell’Economia o delle Imprese, ma da ministro delle Infrastrutture ho bisogno di acciaio e preferirei che fosse acciaio italiano».

La situazione «dell’ex Ilva - ha affermato la segretaria del Pd Elly Schlein - è ad un punto critico. Siamo davanti a un possibile disastro sociale. A questo punto il ministro Urso deve farsi da parte. Giorgia Meloni deve assumersi direttamente la responsabilità politica e istituzionale di questa partita, senza ulteriori scaricabarile».

Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, attacca: «Il lavoro fatto dal ministro Urso sta portando l’Ilva alla chiusura». Renzi parla di «fallimento del governo Meloni» e invoca le dimissioni del ministro. Il leader di Azione Carlo Calenda denuncia: «Ilva così chiude in pochi mesi. Perdere così il primo impianto industriale del Sud è una follia».

Dalla fabbrica si leva il grido degli operai: «Non difendiamo soltanto un posto di lavoro, difendiamo un patrimonio industriale del Sud. Adesso il governo deve mettere in campo la soluzione, basta slogan».