Il caso Epstein scuote gli Usa (e la Casa Bianca): da Camera e Senato sì alla pubblicazione dei files che scottano
Voto bipartisan al Campidoglio, il mondo Maga spinge per la divulgazione dei documenti, Trump costretto a dire sì (ma non subito)
Con una rara votazione bipartisan quasi unanime (427 sì e un solo no), la Camera Usa ha approvato il disegno di legge che obbliga il ministero della Giustizia a divulgare tutti i file del caso Epstein entro 30 giorni dalla sua entrata in vigore. Nella serata italiana anche il Senato americano ha approvato la legge per la divulgazione dei files. La legge è stata approvata «con consenso unanime», quindi tecnicamente senza bisogno di voto, e senza nessun emendamento. Un evento raro nella storia di Capitol Hill. Ora arriverà sulla scrivania di Donald Trump che potrebbe firmarla nelle prossime ore.
Donald Trump si è già detto pronto a firmare il provvedimento, dopo uno dei suoi dietrofront in una vicenda che mostra la sua diminuita presa sul partito e sulla base MAGA.
A soli quattro minuti dall’annuncio dell’approvazione, da parte del Senato degli Stati Uniti, del provvedimento che dispone la divulgazione dei dossier su Jeffrey Epstein, Donald Trump ha pubblicato un messaggio volto a ridimensionarne la portata. «Non mi interessa quando il Senato approverà il disegno di legge della Camera, che sia stasera o in un altro momento nel prossimo futuro, non voglio che i repubblicani distolgano lo sguardo da tutte le vittorie che abbiamo ottenuto: the big beautiful bill, le frontiere chiuse, stop agli uomini negli sport femminili, la fine dei programmi Dei, la fine dell’inflazione record di Biden, i più grandi tagli alle tasse e alle normative della storia, la fine di otto guerre, la ricostruzione del nostro esercito», ha scritto il presidente, elencando una serie di risultati del suo secondo mandato.
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Intanto il ciclone Epstein fa un’altra vittima eccellente, la prima in Usa. Dopo il tonfo del principe Andrea, privato di titoli e privilegi reali, l’ex segretario al Tesoro americano, Larry Summers, ha deciso di farsi da parte, travolto dalla diffusione di nuove email imbarazzanti. «Mi vergogno profondamente delle mie azioni e riconosco il dolore che hanno causato», ha spiegato Summers, assumendosi «la piena responsabilità della decisione mal guidata di continuare a comunicare con Epstein». «Mi farò da parte dagli impegni pubblici come parte del mio più ampio sforzo per ricostruire la fiducia e riparare i rapporti con le persone a me più vicine», ha annunciato l’ex ministro, precisando però che continuerà ad adempiere ai suoi obblighi accademici. Ossia a mantenere la cattedra all’Università di Harvard di cui è stato presidente dal 2001 al 2006 e dove tiene due corsi per studenti di college e uno per dottorandi. Una scelta controversa, quest’ultima, che ha suscitato malumore nel blasonato ateneo.
Quella di Summers è la prima testa che rotola negli Usa a causa dello scandalo Epstein, nonostante si stimi che le vittime (spesso minorenni) abusate dal finanziere e dalla sua rete di amici ricchi e potenti siano oltre mille. La sua è una figura di primo piano: chief economist della Banca Mondiale, segretario al Tesoro durante il boom economico con Bill Clinton, rettore di Harvard, direttore del National Economic Council con Barack Obama. Le relazioni pericolose tra Summers ed Epstein erano già emerse in passato: dalle donazioni del finanziere ad Harvard all’ufficio assegnato ad Epstein per uso personale nello stesso ateneo, dalla richiesta dell’economista di sostenere la fondazione di poesia guidata dalla moglie Elisa New ai quattro voli sul Lolita Express. Ma le nuove email mostrano che l’ex segretario al Tesoro continuò a mantenere contatti con Epstein fino al giorno prima del suo arresto, chiedendogli consiglio anche su come intraprendere una relazione sessuale con una sua «protégée».
Con una delle sue giravolte, nei giorni scorsi Trump si era detto a favore della legge per divulgare tutti i file Epstein ma avrebbe già tutti i poteri per farlo. Nonostante continui a definirla una «bufala» dove non ha «nulla da nascondere», la vicenda per lui resta un nervo scoperto. Come dimostrano gli insulti rabbiosi alle reporter che hanno osato interrogarlo sul caso. «Stai zitta porcellina», ha intimato a una giornalista di Bloomberg, mentre a una collega di ABC ha detto: «Sei veramente incapace, dovresti imparare a fare il tuo mestiere», attaccando la sua rete «schifosa» e minacciando la revoca della licenza.
Il provvedimento obbligherà il ministero della Giustizia a pubblicare tutti i documenti su Epstein ma prevede eccezioni in alcuni casi: per proteggere la privacy delle vittime o non pregiudicare altre indagini in corso. Come quelle che Trump ha ordinato sui rapporti di Epstein con Clinton, Summers ed altri esponenti dem.