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Orban rilancia la trincea sovranista a Roma per bloccare l'aiuto all'Ucraina

Alleanze con Salvini, Babiš e Fico per cavalcare la spinta sovranista in vista delle elezioni ungheresi

Redazione La Sicilia

28 Ottobre 2025, 21:14

Orban rilancia la trincea sovranista a Roma per bloccare l'aiuto all'Ucraina

Un blocco anti-Ucraina al Consiglio europeo. Una trincea anti-Ue all’Eurocamera e nelle capitali del Vecchio Continente. Viktor Orbán riparte da Roma per alzare il tiro nella sua campagna contro Bruxelles. L'obiettivo finale del premier magiaro resta interno, vincere le elezioni ungheresi il prossimo aprile. La sua strategia, tuttavia, ha il fulcro nella politica estera e Orbán vuole sfruttare al massimo l’ancora crescente onda sovranista e l'arrivo, a Praga, del nazionalista Andrej Babiš. Con lui e con lo slovacco Robert Fico Budapest vuole allargare il suo potere di veto sul sostegno dell’Ue all’Ucraina, ridando slancio al gruppo Visegrad, all’interno del quale il polacco Donald Tusk appare sempre più isolato.

Se lunedì con Giorgia Meloni era stato soprattutto il dossier competitività ad essere sul tavolo, nell’incontro tra Orbán e il vicepremier Matteo Salvini al Mit si è parlato, più in generale, della battaglia comune in Europa. Entrambi sono parte dei Patrioti ed entrambi, sulla Russia, da tempo fanno il controcanto a Bruxelles. «Sono stati affrontati altri temi come la pace, la dura critica al Green Deal e alle politiche “suicide” dell’Unione europea», ha riferito lo staff di Salvini parlando di un incontro «affettuoso», durato un’ora. «Siamo uniti nel nostro impegno a difendere le nostre nazioni e a costruire un’Europa forte di Stati sovrani», ha dal canto suo sottolineato, su X, il primo ministro ungherese. Parole che hanno nuovamente innescato il distinguo del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. «La linea in politica estera dell’Italia la esprime il Presidente del Consiglio e la esprime il Ministro degli Esteri. Le altre posizioni sono posizioni individuali, ma la linea politica del governo è chiara». ha sottolineato Tajani dalla Mauritania, ribadendo come «noi stiamo con Kiev».

Eppure, a tarda sera, ospite di Dieci minuti su Rete 4, Orbán è tornato a calcare la mano. «L’Ue si è mostrata incapace di impedire la guerra» in Ucraina, ha spiegato il premier magiaro dribblando, nel corso dell’intervista, i punti in cui la sua visione e quella di Meloni divergono. «Con lei siamo d’accordo sulle grandi questioni, vogliamo dare più potere ai governi nazionali», ha aggiunto Orbán tornando, nel frattempo, ad attaccare duramente Ilaria Salis dopo che l’Eurocamera le ha concesso l’immunità: «È una criminale e deve stare in galera».

Ma la visita del leader di Fidesz a Roma ha fatto rumore in ogni aspetto. Nella mattinata il suo consigliere politico, Balázs Orbán, si era scagliato contro l’intervista pubblicata lunedì da La Repubblica, bollandola come «manipolazione politica» volta a «screditare l’Ungheria». Secondo Budapest il quotidiano avrebbe «deliberatamente distorto» le parole di Orbán sulle sanzioni messe in campo dal suo alleato Donald Trump. «Repubblica non prende lezioni di giornalismo dal consigliere politico di Orbán. A maggior ragione di fronte a immagini e dichiarazioni in video del leader ungherese che confermano quanto riportato sul sito per tutta la giornata di ieri e nell’edizione cartacea», è stata la replica della Direzione del quotidiano. Lo scontro è arrivato dopo che, lunedì sera, l’Ungheria era entrata a gamba tesa contro Report, e non è certo sfuggito all’opposizione. «Conosciamo bene cosa pensa Orbán della libertà di stampa, Meloni e i suoi ministri da che parte stanno?», ha sottolineato Nicola Fratoianni di Avs. «Grave l’attacco del governo ungherese a La Repubblica, mi aspetto che Giorgia Meloni difenda il quotidiano», ha incalzato la segretaria del Pd Elly Schlein.

Il ruolo di Orbán, da qui ai prossimi mesi, è destinato ad essere più ingombrante in Europa. L’arrivo di Babiš alla testa di Praga prima del Consiglio europeo di dicembre rafforzerebbe la trincea dei Visegrad 3, con Bratislava e la stessa Budapest. Ma Ursula von der Leyen, sull’uso degli asset russi, non cederà. «Lo strumento è legalmente valido», ha ribadito mentre il segretario generale della Nato Mark Rutte, incontrando il premier belga Bart De Wever — primo oppositore dell’uso dei beni russi — gli ha ricordato, non a caso, l’importanza del sostegno all’Ucraina. La sfida è aperta. Toccherà alla Commissione trovare l’escamotage per aggirare l’unanimità e non lasciare l’Ucraina senza risorse.

(di Michele Esposito)