Confessioni
Dopo 45 anni, l'assassino di John Lennon rivela il suo movente
Mark David Chapman: confessioni di un assassino alla ricerca della fama

L'assassino di Lennon Mark David Chapman
Nella fredda sera dell'8 dicembre 1980, il mondo intero assistette attonito a un evento che avrebbe segnato per sempre la storia della musica e della cultura popolare: l'omicidio di John Lennon, ex Beatle e simbolo di pace e rivoluzione culturale. Ma chi era davvero l'uomo dietro quella tragica sparatoria? Mark David Chapman, l'assassino di Lennon, ha recentemente rilasciato confessioni che gettano nuova luce sul suo movente, fino ad oggi avvolto in mistero e ambiguità. Andiamo a scoprire i dettagli più sorprendenti e meno noti di questa vicenda, integrando le nuove rivelazioni con quanto già noto.
Un oscuro desiderio di gloria
A più di quattro decenni dall'omicidio, Mark David Chapman ha ammesso che il movente che lo spinse a sparare a John Lennon fu sostanzialmente egoistico, legato al suo desiderio di fama personale. In parole semplici, Chapman ha confessato di aver ucciso il musicista perché "era troppo, troppo famoso" e lui stesso cercava la notorietà: un agire spinto da una insana ossessione per la fama, piuttosto che da ideali politici o motivazioni personali più nobili o complesse. Questa dichiarazione emerge da recenti audizioni in cui Chapman ha espresso con lucida consapevolezza il rimorso per il suo gesto, definendolo "terribile" e "disprezzabile".
Nonostante il tempo passato, Chapman continua a riflettere sul dolore provocato, soprattutto a Yoko Ono, vedova di Lennon, alla quale rivolge i suoi sinceri pensieri, sottolineando che lei conosceva bene il marito e il tipo di uomo che era realmente. Quest'umanità nebulosa in un uomo che ha comunque compiuto un atto così irreparabile rende la storia ancora più complessa e dolorosa.
Il giorno dell'omicidio inedito: un autografo come preludio
Un dettaglio spesso poco evidenziato è che, lo stesso giorno dell'omicidio, Chapman aveva chiesto e ottenuto da John Lennon un autografo su una copia del suo ultimo album, Double Fantasy. Un gestoche rischiara l'ossessione morbosa e il paradosso di quell'uomo: poco prima di uccidere il suo idolo, Chapman fu trattato con gentilezza da Lennon, un uomo che forse ne intuì l'inquietudine, ma che non pensava certo di trovarsi davanti a chi gli avrebbe tolto la vita poche ore dopo.
La dinamica dell'omicidio
Quella sera, Lennon e Yoko Ono stavano rientrando al Dakota Building, la loro residenza nel cuore di Manhattan. Dopo essere stati in uno studio di registrazione, l'artista decise di salutare il figlio Sean prima di cenare. Nei pressi dell'ingresso, Chapman era già lì ad attenderlo, con una pistola calibro.38. Quando Lennon gli diede le spalle, Chapman sparò cinque colpi, di cui quattro andarono a segno, ferendo mortalmente il musicista. Nonostante i tentativi disperati dei medici, Lennon non superò la mezzanotte.
Dopo il gesto, Chapman rimase tranquillo sulla scena, tirò fuori il libro Il giovane Holden di J.D. Salinger — che lo aveva fortemente ispirato nella sua vita — e si mise a leggere. Questo atteggiamento glaciale, distaccato e straniante aggiunse presto un alone ancora più inquietante a un crimine che aveva colpito nel profondo l'opinione pubblica mondiale.
Libertà vigilata: un rifiuto per la quattordicesima volta
Da allora, Mark David Chapman è detenuto in una prigione di massima sicurezza di New York. Nel corso degli anni ha presentato più volte richiesta di libertà vigilata, quasi sempre accompagnata da espressioni di pentimento. Tuttavia, per la quattordicesima volta consecutiva, la commissione ha respinto la sua richiesta, sostenendo che non è ancora un individuo ritenuto sicuro per la società stessa.
Le autorità hanno insistito sul fatto che, nonostante le scuse, la gravità del crimine, la personalità instabile di Chapman e il trauma causato alla famiglia e ai fan di Lennon rendono improbabile una sua scarcerazione a breve.
La confessione odierna di Chapman, con il suo movente così personale e narcisistico, evidenzia come il bisogno di riconoscimento possa, in alcune menti disturbate, tramutarsi in tragedia.