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L’analisi

Terme: dal sogno di rilancio al vuoto d’impresa dietro il declino infinito un lunga serie di errori

La volontà di Schifani non basta. In 15 anni bruciati 50 milioni

01 Ottobre 2025, 23:31

02 Ottobre 2025, 01:18

Terme di Acireale

Terme di Acireale

L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare, diceva il campione di ciclismo Gino Bartali. La frase descrive bene il senso dell’esperienza umana fatta di errori ripetuti e continui tentativi di correzione che però non conducono ad alcun risultato, tranne se si ha il coraggio di un reset completo per ripartire con un approccio nuovo e diverso.

L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare sarebbe il caso di dire per le Terme di Sciacca e di Acireale. Con un laconico comunicato la Presidenza della Regione Siciliana due giorni fa ha annunciato che, come per il 30 maggio scorso, cioè la prima deadline fissata per raccogliere le manifestazioni di interesse, anche la proroga di quattro mesi non ha sortito effetti. Nessun privato si è fatto avanti.

Il Governatore Renato Schifani - al quale va riconosciuto uno scatto d’orgoglio che non si era visto prima - ha provato a vedere il bicchiere mezzo pieno, evidenziando che sul portale per visualizzare gli atti di gara, ci sono stati 58 accessi per Acireale e 61 per Sciacca, segnale comunque di un interesse da parte degli operatori. In realtà non c’è stata alcuna proposta avanzata concretamente e dunque sul nascere si è già arenato il partenariato pubblico-privato che avrebbe dovuto investire ben 184 milioni, di cui 94 cofinanziati dai privati.

Adesso, da dove bisognerà ripartire per dare attuazione alla legge regionale n. 11 del 2010 che stabiliva, a chiusura della liquidazione delle due società partecipate, l’affidamento della gestione delle Terme ai privati mediante gara ad evidenza pubblica? Dovremmo attenderci ancora una volta un maquillage del bando per provare a convertire una tiepida curiosità dei privati in una reale volontà imprenditoriale di investire nel termalismo pubblico?

C’erano evidenti falle tecnico-giuridiche già presenti nel primo bando. Con l’intervento di Dario Cartabellotta, entrato ad inizio dell’estate nell’esercizio delle sue funzioni di Dirigente Generale alle attività produttive, si sono eliminate alcune incongruenze per attrarre i privati, esitando una nuova versione del bando con l’estensione dei termini al 30 settembre. Anche in questo caso il tentativo di dare appeal alle carte non ha funzionato.

Nonostante i proclami, l’investimento nel termalismo non è attrattivo per i privati, servono comunque tanti soldi anche se adesso c’è l’apporto finanziario della Regione, ma i ritorni economici non sono convenienti. A ciò si aggiunge poi qualche errore madornale come quello di non includere l’ex albergo Excelsior Palace e il centro polifunzionale di Acireale tra i cespiti affidabili alla gestione dei privati. In che modo si pensa di rilanciare il termalismo se non includendovi anche l’ospitalità alberghiera e altre strutture per allargare l’offerta di servizi al benessere olistico sostenibile, come si è discusso di recente a Sabiriade, il convegno del Gal Elimos a Favignana?

In questi anni dal governo Cuffaro in poi abbiamo assistito a un lento ed inesorabile declino del termalismo pubblico. Nessun governo regionale può considerarsi esente da responsabilità. Però sarebbe ingiusto accollare tutte le colpe unicamente a chi ha guidato l’amministrazione regionale e ai loro sodali.

Negli ultimi quindici anni, che si chiudono con uno sperpero di oltre 50 milioni di euro fra perdite economiche delle società partecipate, debiti accumulati, crediti non esigibili, avviamento commerciale negativo, deprezzamento degli immobili e costi di governance, tre fattori negativi hanno amplificato le responsabilità di chi ha governato.

Il primo fattore è il nemico invisibile, cioè la burocrazia regionale cui non interessa affatto occuparsi di termalismo, perché è una pratica rognosa che comporta grandi responsabilità erariali. Il secondo fattore è l’assemblea dei parlamentari, del tutto assenti e visibilmente impreparati in materia. Il terzo fattore sono i cattivi consiglieri dei governi. Li hanno cercati titolati fuori dalla Sicilia, ma i loro suggerimenti non sono stati mai del tutto disinteressati.

L'autore: Rosario Faraci Giornalista pubblicista, insegna Principi di Management all’Università di Catania