Arte
Mimmo Cuticchio: «Ho la Francia nel cuore, ma questa è la mia terra»
Il puparo e cuntista palermitano la prossima settimana ritorna a Parigi con la storia di Angelica
									Mimmo Cuticchio riporta Angelica a Parigi. Conversiamo della splendida carriera del maestro puparo e cuntista, dei suoi inizi legati alla capitale francese: voleva restare lì ma poi tornò stabilmente in Sicilia benchè spesso in giro per il mondo tra Giappone, Corea, Australia, Argentina, Usa. Ma la prima tournée all’estero dei Cuticchio (oggi Associazione Figli d’arte Cuticchio) è stata in Francia. Fare spettacoli in siciliano non è mai stato un problema, ovunque. Dopo il primo grande successo al Festival dei Due Mondi di Spoleto diretto da Giancarlo Menotti nel 1963, Giacomo Cuticchio (padre del maestro palermitano) con l’allora diciottenne Mimmo fu invitato a Parigi e vi portò Angelica nel 1967. Mimmo ha tenuto viva rinnovandola la tradizione (a marzo ha portato i pupi in scena per un “Caligola” al Theatre de l’Athenée di Parigi) e 58 anni dopo presenta “L’arrivo di Angelica a Parigi” il 5 novembre, Istituto italiano di cultura e il 6 all’Ambasciata d’Italia nello storico Teatrino siciliano proveniente da Palazzo Butera di Palermo trasferito nell’Hôtel de La Rochefoucauld-Doudeauville, nostra sede diplomatica dal 1936. Il Teatrino siciliano in pregiata boiserie e fondale dipinto con l’immagine dell’Etna fu donato all’ambasciata dal duca di Camastra che l’aveva nella sua casa di Parigi come ricordo dell’amata Palermo.
“L’arrivo di Angelica a Parigi” è un degli episodi più affascinanti del primo libro dell’Orlando innamorato di Boiardo. Angelica giunge a Parigi per sedurre e imprigionare i Paladini sfruttando la sua bellezza come arma. Ma il piano fallisce. Nella troupe Tania Giordano, Giuseppe Graffeo. Adattamento scenico e regia di Mimmo Cuticchio. Organizzazione di Elisa Puleo. Musiche di Giacomo Cuticchio. Musicisti: Marco Badami, Paolo Pellegrino, Fabio Piro, Nicola Mogavero.
Parigi nella storia del maestro palermitano rappresenta tanto.
Come iniziò la sua storia con Parigi?
«Nel 1967 invitarono mio padre a tenere uno spettacolo nel Teatrino siciliano. Nell’occasione mi resi conto che un teatrino dei pupi può essere montato dalle stalle alle stelle… E’ la struttura che fa il teatro e noi avevamo costruito la nostra struttura. All’inaugurazione c’erano ministri, personalità e nobiltà francese. Questa è una rievocazione di mio padre. Certo oggi il pubblico è smaliziato. Facciamo lo spettacolo a scena aperta, mostriamo il giocattolo però al tempo stesso facciamo vedere che è un teatro sia di figure che di parola. Se stai nascosto dalle tele, ammirano la recitazione ma non capiscono quanti siamo a recitare. In realtà uno solo dà voce a 30 personaggi. Allora toccò a mio padre, ora a me. Trenta voci con caratteristiche diverse: il giovinetto, la fanciulla, la principessa di corte, i cavalieri, il vescovo Turpino».

E’ vero che nel ’67 non voleva più tornare in Sicilia?
«Siamo rimasti un mese a Parigi. Non ci lasciavano partire. Partito mio padre atteso nel suo teatrino di Cefalù, rimasi perché il direttore della biblioteca dell’Istituto, prof. Enrico Pannunzio, meridionale di Molfetta, si era appassionato ai pupi e aveva messo a nostra disposizione la cantina della libreria di sua moglie al boulevard St. Michel per farne un teatrino. Pannunzio aveva convinto mio padre a lasciargli i pupi (che poi dopo anni sono tornati a me). Io e mio zio Pino Arini abbiamo gestito il teatrino finchè partì anche lui. La moglie venne a cercarlo a Parigi costringendolo a tornare a casa. Ho istruito il figlio di Pannunzio, Marco, e Salvatore Picciotto, uno studente di Catania folksinger a Parigi. Pannunzio stava dietro le quinte e gli facevo fare qualche voce. Mi iscrissi a una scuola di francese, partecipai a manifestazioni del ’68, alla Shakespeare and Company (storica libreria sulla Rive gauche) stavo alle riunioni di sessantottini. Fui coinvolto dalla questione della guerra in Vietnam. Festeggiai lì i miei 19 anni. C’era anche Renaud, uno dei più famosi cantanti francesi di allora. Si studiava e lavorava alla libreria. Stagione illuminante per me: abitavo con altri giovani, vestivo come loro… Un giorno mi chiamò il console per dirmi che erano venuti a casa a Palermo i carabinieri perché non mi ero presentato per il servizio militare. “Puoi rimanere in Francia come studente, se vuoi - aggiunse - ma ricordati che se la Francia dovesse entrare in guerra dovresti combattere con l’esercito francese”. La cosa mi spaventò e tornai. Ma in sei mesi mi sentivo già abbastanza francese e il desiderio di tornare in Francia mi rimase».
E ci mostra la copertina di una rivista d’Oltralpe del ’67 a lui dedicata. Ma il richiamo dell’isola e della famiglia si fece sentire. «Mio padre aveva bisogno di me a Palermo e non sono più ritornato a Parigi».
Non è un caso che riporta “L’arrivo di Angelica a Parigi”.
«L’ho scelto appositamente. Con questo spettacolo inaugurai pure il teatrino di via Bara Ulivella. Ho preso la scaletta e le scene di allora ma ho rifatto lo spettacolo a modo mio. Un figlio d’arte che ha rinnovato il teatro dei pupi dopo 58 anni non poteva fare la stessa cosa. La tradizione è come un fiume ma l’acqua è diversa. E mio figlio sarà acqua diversa. E poi ci sono 4 musicisti. Nel ’67 era con noi Otello Profazio che si accompagnava con la chitarra. Adesso ci sono le sonate di Giacomo per quattro strumenti».
Cosa c’è in cantiere in Sicilia?
«A dicembre a Palermo un presepe fatto con i pupi costruiti da mio fratello Guido che non c’è più, dedicato perciò anche a lui. Aggiungerò San Francesco e Santa Chiara. Vogliamo riprendere nel 2026 lo spettacolo sulla storia di San Francesco. A Natale terremo tre spettacoli al teatrino per 3 settimane: si tratta delle nascite di Orlando, di Rinaldo e Bradamente, di Mago Malagigi e Principe Viviano (nessuno sa che sono gemelli è una storia molto bella). A gennaio l’Infanzia di Orlando e le prime avventure di Orlandino: l’ anno è dedicato ai fanciulli».