×

l'intervista

Busi: fra burocrazia impossibile e il primo secolo di Confindustria Catania

Faccia a faccia con la presidente degli industriali catanesi: il vanto di essere una donna capace di arrivare alla meta senza dover urlare di essere femminista

27 Dicembre 2025, 06:00

Maria Cristina Busi Ferruzzi

In questa intervista con La Sicilia la presidente di Confindustria Catania, Maria Cristina Busi Ferruzzi, traccia il bilancio dell’anno che sta per chiudersi e guarda con ottimismo al 2026.

Dalla decontribuzione all’ottava proroga della plastic e della sugar tax fino all’appalto delle opere nella zona industriale. I risultati non sono mancati. È soddisfatta?

«Molto, perché sono tutte cose che fino a poco tempo fa non avevamo. Ci abbiamo lavorato e continueremo a farlo. Ma l’avvio dei cantieri nella zona industriale lo considero un fatto straordinario. Il bello, però, viene ora: dobbiamo vigilare perché i lavori siano eseguiti bene e nei tempi concordati».

Nella Legge di Bilancio 2026 che il Parlamento si appresta ad approvare il Governo vi ha assecondato.

«Tutto molto positivo. Siamo contenti. Constato che, come imprenditori, non è più come un tempo: adesso i nostri suggerimenti vengono presi in considerazione da chi è al Governo. Quando andiamo a Roma a discutere delle cose che servono alle imprese troviamo grande disponibilità. Noi vediamo che i cambiamenti li stanno studiando e che c’è l’impegno a venirci incontro».

La burocrazia fa ancora paura alle imprese?

«Quello è un cancro che ci ammazza tutti. La Zona economica speciale com’è stata concepita sarebbe perfetta se lo fosse anche la burocrazia. Attenzione: le autorizzazioni e gli altri provvedimenti degli iter amministrativi se sono previsti dalle leggi vanno richiesti e ottenuti, ma il tempo non è un fattore ininfluente quando si programma un investimento. Oggi che vediamo quanto siano rapidi i progressi nel resto del mondo è impensabile che in Italia si faccia affidamento ancora alla carta. Tutto deve essere digitalizzato e reso più rapido. Non solo le Pubbliche amministrazioni, però, anche le aziende devono stare al passo con i tempi. Capisco che ci sia da parte degli imprenditori meno moderni un po’ di lentezza, ma da parte della burocrazia bisogna attivarsi. Questo è un impegno che il nostro Governo dovrebbe riprendere fortemente».

Catania è tra i primi cinque distretti industriali italiani per ricchezza netta sul volume d’affari. Nella provincia operano 123.079 aziende di cui 19.620 di capitali, il fatturato è di oltre 24 miliardi. Ne associate 750 con quasi 26mila dipendenti. Non sono poche?

«È vero. Dovrebbero essere molte di più. Dobbiamo lavorare sodo per persuadere molte più imprese ad associarsi perché l’Associazione è importante, lo vediamo, è un punto di raccordo, di equilibrio. Oltreché dare servizi, come Confindustria siamo una “voce” ascoltata. Intanto l’unione è importante: quando c’è un problema, se lo affrontiamo insieme riusciamo a risolverlo, mentre se agiamo separatamente è più difficile riuscirci».

Le donne hanno rotto il soffitto di cristallo. Oltre 20mila aziende registrate su 103mila in Sicilia. Il 24% delle imprese catanesi sono guidate da imprenditrici. Lei è stata una pioniera. Una performance del genere se l’aspettava?

«In parte sì, in parte no perché ho sempre vissuto le difficoltà di essere donna e fare l’imprenditrice sulla mia pelle. Però ero ottimista perché non poteva continuare una mentalità così restrittiva nei confronti delle donne. Intendiamoci: la mia generazione era quella che veniva dal delitto d’onore: i film del grande Marcello Mastroianni ce li ricordiamo tutti. Perché negli anni Cinquanta e Sessanta era problematico per una donna proporsi in un ruolo che non fosse quello di moglie e di madre. Ci voleva coraggio. Però da una parte essere positivi era fondamentale. Io non sono mai stata una femminista, non ho mai partecipato alle manifestazioni di genere. Ho ammirato, tuttavia, coloro che l’hanno fatto perché hanno ottenuto ciò che volevano. Ma anche le imprenditrici rimaste silenziose, come me, hanno ottenuto risultati».

Nel 2026 Confindustria Catania celebrerà un secolo di vita. Cent’anni di storia dell’industria attraverso eventi epocali: dalla guerra alla ricostruzione, dal boom economico fino alla globalizzazione e all’avvento delle nuove tecnologie. Cosa significa essere arrivati fin qui?

«Significa molto più in Sicilia che in Emilia, in Lombardia, in Piemonte, nel Veneto o in Toscana. Non voglio dire che è stato molto più difficile arrivare a questo traguardo, è stato diverso. Diverso per le difficoltà che qui gli imprenditori hanno incontrato: l’ambiente non era solo arretrato, era anche ostile. Per cui il valore degli imprenditori di cent’anni fa è stato enorme. E alcune di quelle imprese secolari ci sono ancora oggi. Io penso che gli imprenditori di allora siano stati degli eroi».