case popolari
Famiglia rom rifiuta l'assegnazione di due alloggi da parte del Comune: «Allo Zen 2 o al Cep? No, grazie»
In sette in un magazzino occupato abusivamente, arriva l’espulsione dalla graduatoria
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Vivono da anni, in sette, in un magazzino comunale di circa 40 metri quadrati, non destinato a uso abitativo, occupato abusivamente fin dal 2009 in vicolo della Rosa all’Alloro, nei pressi di piazza Marina. E rifiutano per due volte la casa popolare, una allo Zen 2, l’altra al Cep.
La vicenda vede protagonista una famiglia rom di origine serba, composta da padre, madre e cinque figli tutti minorenni alcuni dei quali nati in città, privi di residenza anagrafica, che ha rifiutato due alloggi messi a disposizione dal Comune per uscire da una condizione di precarietà abitativa estrema.
Le due abitazioni proposte dall’amministrazione comunale erano entrambe di ampie metrature, ritenute idonee alle esigenze di un nucleo così numeroso. In entrambi i casi, secondo gli uffici competenti, si trattava di soluzioni regolari, dignitose e adeguate. I dinieghi, arrivati senza motivazioni formali riconosciute dalla normativa, hanno portato alla decadenza dal diritto all’assegnazione di una casa Erp e alla cancellazione della famiglia dalle graduatorie comunali per l’emergenza abitativa.
La situazione abitativa del nucleo era finita sotto osservazione dopo un accertamento della polizia municipale, che ha attestato l’occupazione senza titolo di un bene comunale non abitabile, utilizzato come alloggio da sette persone, tra cui minori. Una condizione che aveva spinto il Comune ad attivare anche i servizi sociali, considerata la fragilità del contesto familiare.
Sulla vicenda interviene l’assessore comunale alle Politiche abitative, Fabrizio Ferrandelli, che rivendica il percorso seguito dall’amministrazione: «Il nucleo familiare è stato trattato con la massima attenzione e con la cautela che si addice a soggetti in fragilità - dice Ferrandelli - e in più considerando la provenienza dei genitori abbiamo interpellato gli assistenti sociali della Casa dei Diritti del Comune. Inizio a ritenere però che questi due dinieghi immotivati ad uscire dalla precarietà e a garantire un futuro dignitoso ai propri figli, possa essere correlato a interessi su attività svolte nel territorio in cui occupano abusivamente un immobile comunale, e non tutte di natura lecita. È per questa ragione che sono stati cancellati dalle liste per l’assegnazione della casa del Comune».
La decisione ha acceso il confronto politico sulla gestione dell’emergenza abitativa.
A intervenire è anche il consigliere comunale Antonino Randazzo, esponente del Movimento 5 Stelle, che pur riconoscendo la necessità di fare chiarezza richiama l’amministrazione a un impegno più ampio: «Importante iniziare a fare chiarezza sulla gestione degli immobili per l’emergenza abitativa - dichiara Randazzo - ma l’amministrazione comunale deve continuare a lavorare per garantire l’azzeramento della graduatoria e investire in politiche abitative che mancano in questa città».
Il caso riporta al centro del dibattito il delicato equilibrio tra diritto all’abitare, tutela dei minori e rispetto delle regole, in una città dove la domanda di alloggi popolari resta alta e le risorse disponibili continuano a essere insufficienti rispetto ai bisogni reali.