I dati
Violenza sulle donne: a cinque anni dall'introduzione del "Codice rosso" non calano i femminicidi. Lo studio
Il quadro - sconfortante - vede un aumento dell'incidenza dei delitti di donne sul totale. Emerge in un volume a cura di Daniela Corso e Flavio Verrecchia per Telefono Arcobaleno che verrà presentato domani ad Acireale alla presenza di istituzioni ed esperti
Sono passati cinque anni dall'introduzione nel nostro sistema normativo del "Codice rosso", ovvero la Legge 69 del 2019 che ha che rafforza la tutela di coloro che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattamenti. Ma da allora i dati restano tuttavia sconfortanti: il numero dei femminicidi non mostra una significativa tendenza alla diminuzione, e oggi "pesa" nel numero totale di delitti: uno quattro oggi ha come vittima una donna. E sempre più frequentemente questi si consumano in famiglia.
A mettere insieme i dati ufficiali è uno studio intitolato "Violenza di genere e giustizia - Cinque anni di Codice Rosso tra norma, cultura e società", edito da FrancoAngeli realizzato da Telefono Arcobaleno e curato dalla psicologa e psicoterapeuta Daniela Corso insieme allo statistico Flavio Verrecchia. Lo studio, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, verrà presentato dagli autori lunedì 24 novembre ad Acireale nella Sala comunale "Pinella Musmeci". L'incontro, in programma alle 19, vedrà, dopo i saluti istituzionali del sindaco Roberto Barbagallo e del deputato regionale Ars Nicola D'Agostino, vedrà dopo l'esposizione dei relatori gli interventi di Giuseppe Bellassai, Questore di Catania, di Giuseppe Ettore, primario di Ginecologia all'Arnas Garibaldi di Catania, di Carmelo Florio, direttore della Uoc Dipartimento Salute Mentale dell'Asp di Catania, di Maria Grasso, presidente del centro antiviolenza Sandra Crescimanno, di Ferdinando Testa, psicologo e psicoterapeuta. Modera l'incontro la giornalista Katia Scapellato.

Dallo studio, che fa un excursus completo della violenza di genere fin dagli albori dello Stato italiano, emerge come in una società che è complessivamente meno violenta nel lungo periodo è aumentata la quota di donne uccise, passando da una su dieci a quattro su dieci uccisioni complessive dal periodo postunitario a oggi. Da evidenziare c'è infatti un dato dalle serie storiche Istat: in trent'anni, dal 1992 al 2002, il tasso di omicidi per 100.000 abitanti, distinti per sesso, ha visto una diminuzione consistente per quanto riguarda le vittime maschili, ma molto meno pronunciata per quelle femminili. Per gli uomini, il tasso passa da 3,95 omicidi ogni 100.000 abitanti nel 1992 a 0,53 nel 2022, registrando una riduzione dell’86%. Per le donne, invece, la diminuzione è meno marcata: si passa da un tasso di 0,64 a 0,32 nello stesso arco temporale, con un calo pari al 50%.

Ancora più preoccupante è il fatto che tali delitti si consumino con crescente frequenza all’interno degli spazi familiari e affettivi, che dovrebbero garantire protezione e sicurezza. Negli anni più recenti, inoltre, oltre l’80% delle donne assassinate risultano vittime di partner, ex partner o altri familiari, rendendo di fatto sovrapponibile la categoria delle donne uccise a quella dei femminicidi.
La violenza contro le donne rappresenta una delle più gravi e persistenti violazioni dei diritti umani, nonché un fenomeno sociale di natura strutturale, radicato nei rapporti di potere asimmetrici tra uomini e donne. Essa non può essere ridotta a una mera sequenza di episodi isolati, poiché si inserisce in un sistema culturale e simbolico che, attraverso stereotipi, norme sociali e ruoli di genere, legittima e riproduce profonde disuguaglianze. Affrontare la violenza di genere, quindi, implica il riconoscimento della sua dimensione storica, culturale e politica.