L'ordinanza del gip
Bombe carta, pietre e striscioni "Uccidi gli sbirri": ecco chi sono i violenti anarchici arrestati dalla Digos VIDEO
Grazie ai video gli agenti sono riusciti a identificare i facinorosi che il 17 maggio scorso hanno creato disordini e violenza durante il corteo.
Aggressioni alle forze dell'ordine, con lanci di pietre, bombe carta e bottiglie incendiarie, poi i danneggiamenti ai palazzi e le scritte sui muri come "Uccidi gli sbirri" e "Secondino assassino". Sono stati identificati i responsabili dei tafferugli avvenuti il 17 maggio scorso in occasione della manifestazione organizzata dalla Rete contro il Dl Sicurezza a Catania. Un corteo, che come ha spiegato il procuratore di Catania, Francesco Curcio, si è diviso in due spezzoni: uno pacifico con gli organizzatori che protestavano come la Costituzione garantisce, e un secondo violento con facinorosi anarchici.
Ed è su di loro che si è concentrata l'attenzione dei poliziotti della Digos, guidati dalla dirigente Manuela Recca. Tre indagati sono destinatari di un ordine di arresto firmato dal gip: due sono stati eseguiti stanotte nell'ambito dell'operazione Ipogeo (come la via vicino al carcere di piazza Lanza), il terzo invece è all'estero quindi è stato spiccato un mandato europeo.
I due arrestati sono Luigi Bertolani, di 33 anni, residente a Catania, e Gabriele Venturi, di 22, residente a Brindisi. I tre sono indagati, assieme ad altre 13 persone, per devastazione e altri reati. Bertolani è anche accusato di rapina e lesioni ai danni di un pubblico ufficiale, un agente della polizia locale che avrebbe aggredito e sottraendogli la paletta di servizio, con l’aggravante di avere commesso il fatto in più persone e in occasione di una pubblica manifestazione.
I tre indagati, scrive il gip nell'ordinanza, «appaiono soggetti socialmente pericolosi e strutturati nella devianza con finalità criminale, che hanno dato sfogo alla loro indole violenta e delinquenziale che li contraddistingue, nel corso di un manifestazione pacifica di protesta sociale, mettendo a rischio non solo l’incolumità delle forze di polizia creando un pericolo concreto per l’ordine pubblico e per la popolazione cittadina (compresi i manifestanti pacifici, ndr) che assisteva spaventata alle condotte violente».
Gli agenti della Digos hanno visionato una grande quantità di video, isolando quei frame che fornivano particolari importanti riuscendo a identificare i tre destinatari del provvedimento e gli altri 13 indagati. Gli arrestati sono ritenuti leader di movimenti anarcoinsurrezionalisti presenti a Catania e Bari. Perquisizioni domiciliari sono state eseguite dalla polizia con la collaborazione delle Digos di Palermo, Bari, Brindisi, Messina e Siracusa.
Secondo le indagini della Digos, una quindicina di partecipanti, riconducibili all’area anarco-antagonista, si erano collocati in coda al corteo, in esecuzione di un piano preordinato.
Prima di arrivare in piazza Lanza davanti al carcere di Catania si sarebbero travisati, indossando tute scure e cappucci, per evitare di farsi identificare.
Davanti la casa circondariale, ricostruisce la Procura, avrebbero dato vita a «un fitto lancio di pietre, petardi, bombe carta, ordigni esplosivi preparati con liquido infiammabile, nonché all’accensione di petardi, tutti lanciati ad altezza d’uomo e rivolti all’indirizzo degli operatori di polizia presenti e posti a tutela del predetto istituto penitenziario».
Alcuni tra i più violenti, prosegue la ricostruzione dell’accusa, costruivano una vera e propria rudimentale base di lancio, ponendo alcuni pesanti oggetti in modo tale da potere dare stabilità e direzione ben precisa alla scatola di cartone contenente la batteria di petardi e «un frammento incandescente colpiva la nuca di un funzionario di polizia».
La successiva analisi a cura degli artificieri della Polizia, del contenuto di una delle bottiglie rimaste inesplose, ha «dimostrato che i prodotti utilizzati per creare le bottiglie incendiarie avevano una specifica pericolosità, caratterizzata dal rischio potenziale elevato, con rilevante effetto deflagrante».