La storia
Le Ciminiere, dalle fornaci di zolfo all’hub della Catania contemporanea: così è cambiato il centro di viale Africa
Dall'Ottocento ad oggi, tra rinascita urbanistica, scandali d’appalto fino al devastante incendio all’auditorium di ieri pomeriggio
Veduta de Le Ciminiere
Le Ciminiere di viale Africa, a Catania, colpite nel pomeriggio di ieri da un vasto incendio che ha completamente distrutto l’Auditorium, affondano le proprie radici storiche nella metà dell’Ottocento, quando gruppi imprenditoriali anglo-siciliani e commercianti locali impiantarono mulini, magazzini e forni per la raffinazione dello zolfo estratto nell’entroterra. Era un distretto connesso alla Stazione Centrale e prossimo al porto, un unicum nel Mezzogiorno: grandi volumi in mattoni e pietra lavica, punteggiati da imponenti ciminiere che convogliavano i fumi delle fornaci. Da qui lo zolfo partiva verso Gran Bretagna, Francia e Austria. Lo zolfo, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, era impiegato in numerosi ambiti e con diverse destinazioni: dal lavoro in miniera fino agli usi sanitari e militari. Nel settore lavoravano quasi 40.000 persone; fino al 1904 la Sicilia possedeva il monopolio dello zolfo con una produzione pari al 91% del fabbisogno mondiale.
Il secondo dopoguerra segnò però il tracollo di quel sistema.

La quota dello zolfo siciliano crollò da quel 91% dell’Ottocento a circa il 2% del mercato mondiale, con un prezzo ormai doppio rispetto al prodotto americano. Gli stabilimenti furono riconvertiti per un periodo alla lavorazione degli agrumi e alla produzione di cassette in legno, quindi abbandonati già dalla metà degli anni Sessanta.
La rinascita della struttura prese forma dal 1984, quando la Provincia Regionale di Catania, sotto la presidenza di Antonio Torrisi, avviò un vasto progetto di recupero dell’archeologia industriale tra viale Africa e il lato nord della Stazione, lungo la linea ferroviaria per Messina. L’intervento preservò le strutture originarie laddove è stato possibile e, soprattutto, mise in sicurezza le alte ciminiere in mattoni, che hanno dato il nome al nuovo complesso. Il coordinamento progettuale fu affidato all’architetto catanese Giacomo Leone, con un’attenzione puntuale all’accessibilità e all’eliminazione di barriere architettoniche.

L'architetto Giacomo Leone
Nella storia della rinascita del plesso non sono mancati passaggi controversi: nei primi anni Novanta, in piena Tangentopoli, le indagini sugli appalti relativi al cantiere di viale Africa misero in luce un giro di tangenti che coinvolse il costruttore, il cavaliere del Lavoro Francesco Finocchiaro, e figure politiche di primo piano in città. A distanza di decenni, quell’antico paesaggio di ciminiere – un tempo simbolo dell’industria dello zolfo – è diventato il segno distintivo di un progetto di rigenerazione urbana riuscito: un prezioso esempio di archeologia industriale valorizzata.
Dalle fornaci di zolfo all’hub della città contemporanea, Catania ha trasformato una delle sue più potenti eredità industriali nell’epicentro della vita fieristica, espositiva e congressuale.

Oggi il complesso Le Ciminiere occupa 27.000 metri quadrati: 16.000 di ingombro edifici, 8.300 di spazi pedonali e carrabili e 2.700 a verde. La superficie totale utilizzabile, distribuita su più livelli, è di 46.120 metri quadrati, di cui 7.300 destinati a scale, servizi e impianti. Il complesso è organizzato in tre grandi aree funzionali – fieristica, congressuale ed espositiva – concepite per operare in sinergia o in autonomia, a seconda delle esigenze.