Il caso
Morì in ospedale dopo l'aborto di due gemelli: Cassazione annulla le assoluzioni
La sorella di Valentina Milluzzo non si è mai arresa. La Suprema Corte ha accolto il ricorso. Ma si tratta solo dell'aspetto civile del processo
Non hanno mai smesso di chiedere giustizia per Valentina. La famiglia Milluzzo non si è mai fermata, nemmeno dopo le assoluzioni dei medici. La sorella della giovane mamma morta per setticemia in ospedale, dopo l'aborto dei gemelli, ha deciso di impugnare la sentenza con l'avvocato Salvatore Catania Milluzzo. Ed è stato accolto. La Cassazione ha annullato con rinvio a una Corte d’appello civile la sentenza di assoluzione, nel processo penale, di quattro medici del reparto di ginecologia e ostetricia dell’ospedale Cannizzaro di Catania per la morte di Valentina.
La donna aveva 32 anni. La tragedia è avvenuta il 16 ottobre 2016. Valentina ha avuto dei peggioramenti dopo avere perso, con altrettanti aborti, i due gemelli che aspettava in seguito a una fecondazione assistita. La decisione della Suprema Corte riguarda soltanto l'aspetto civile del processo e non quello penale, visto che la sentenza di assoluzione, emessa l’11 novembre del 2024 con la formula perché il fatto non sussiste, è stata appellata soltanto dalla parte civile, la sorella della donna, Angela Maria Miluzzo, assistita dall’avvocato Catania Milluzzo, e non dalla Procura generale di Catania.
In primo grado, il 27 ottobre del 2022, i quattro medici erano stati condannati per omicidio colposo a sei mesi di reclusione, pena sospesa, e al pagamento di una provvisionale da 30mila euro ad Angela Maria Milluzzo. Sentenza ribaltata in appello dove la Procura generale aveva chiesto la conferma della sentenza emessa dalla terza sezione del Tribunale penale monocratico di Catania. Nel corso dell'appello fu conferito l'incarico per una super perizia sul server per la visione dei referti in ospedale. L'esito del tampone vaginale a cui fu sottoposta Valentina fu letto molto in ritardo infatti.
La Procura di Catania contestava ai medici la «colpa professionale», per «imprudenza, negligenza e imperizia», che avrebbe «determinato il trasmodare della sepsi in shock settico irreversibile» causando il decesso della paziente. Del caso si occupò anche il ministero della Salute che inviò degli ispettori all’ospedale Cannizzaro. Ora la giustizia arriva nelle aule civili.