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Giudiziaria

Stragi di Palermo, archiviata l'inchiesta sul pentito Maurizio Avola

Accuse non riscontrate: il gip archivia anche su Aldo Ercolano, Marcello D'Agata ed Eugenio Galea

Laura Distefano, Laura Mendola

04 Novembre 2025, 13:54

23:28

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Ora è arrivato il The End. Anche se non è come qualcuno lo avrebbe immaginato. L’inchiesta sulle Stragi di Capaci e Via D’Amelio aperte dopo le dichiarazioni del killer dei Santapaola, Maurizio Avola è archiviata. Il gip di Caltanissetta Santi Bologna è chiaro. Anzi dirette: «Le dichiarazioni eteroaccusatorie nei confronti di altri indagati» fatte dal pentito catanese «non sono riscontrate» e «pertanto deve disporsi l’archiviazione» per Aldo Ercolano, Marcello D’Agata ed Eugenio Galea (quest’ultimo solo per l’attentato in cui morirono Paolo Borsellino e gli agenti della scorta). Il gip, quindi, ha accolto l’istanza del procuratore Salvatore de Luca e dall’aggiunto Pasquale Pacifico. Non si è riusciti a trovare un solido quadro indiziario, mette nero su bianco il gip, nemmeno «dall’attività di intercettazione lunga e pervasiva» a cui è stato sottoposto Avola. Il giudice sottolinea che «la ricerca nella verifica del racconto (di Avola) è stata svolta a tutto tondo e tutti i temi di prova che potevano riscontrare, in senso positivo o negativo, sono stati oggetto d’analisi». Per il gip ha avuto anche un peso «la tardività nella scelta di collaborativa» e la «difficile lettura delle motivazioni interne che lo hanno spinto ad aprirsi».

Sulla strage di via D’Amelio il gip evidenzia le «molteplici ragioni per cui il narrato di Avola non può considerarsi né riscontrato né attendibile» e in alcuni punti anche «contraddittorio». E le contraddizioni più evidenti sarebbero legate all’attentato di via D’Amelio: Avola dice di aver partecipato attivamente alla strage. Il racconto di Avola, contesta il gip, sarebbe «totalmente privo di riscontri rispetto al furto di un furgone bianco Ducato che si apriva da un lato che si sarebbe dovuto utilizzare come “piano B”: uccidere il giudice Paolo Borsellino con le armi in pugno nel caso in cui l’autobomba non fosse esplosa». Contraddizioni emerse anche sulla Fiat 126 utilizzata, sull'imbottitura dell’auto con l'esplosivo e sulle caratteristiche del garage dove sarebbe stata compiuta l’operazione.

Avola è ritenuto «poco credibile sugli avvenimenti del 18 luglio del 1992 quando viene controllato da una pattuglia di polizia a Catania con un braccio ingessato». Un'ingessatura che è stata anche al centro di una perizia medico-legale, che doveva portare a verificare se Avola potesse fare dei movimenti. I

Nel decreto di archiviazione, il gip Bologna cita anche alcune dichiarazioni inedite di Avola fatte nel corso del lungo incidente probatorio. Il sicario ha accusato sé stesso e Aldo Ercolano - in carcere per mafia e omicidi (fra cui quello del giornalista Pippo Fava) -  di avere ucciso il boss della banda della Magliana, Renato De Pedis e si autoaccusa di avere commesso, prima del suo arresto, avvenuto il 28 febbraio del 1993, un omicidio per conto dei servizi segreti italiani.

«Trattasi - scrive il giudice - di episodi delittuosi mai riferiti prima e di competenza della Procura di Roma (a cui gli atti sono stati trasmessi per competenza, ndr) ma il cui tardivo racconto (o non racconto) non può essere ritenuto neutro sul piano della credibilità generale del dichiarante».