la requisitoria
Crac Sigenco: pm chiede una condanna e la confisca dei beni già in sequestro
Processo per bancarotta: chiesta l'assoluzione per gli altri imputati
Una richiesta di condanna, sei assoluzioni e la confisca dei beni in sequestro. Così, ieri, si è chiusa la requisitoria dei pm Alessandro Sorrentino e Fabio Regolo nel processo scaturito dalle indagini sulla bancarotta della società Sigenco, fallita nel 2013. L’impresa di costruzioni fu fondata da Santo Campione, che è deceduto dieci anni fa. L’inchiesta, condotta dalla Guardia di finanza, portò anche a un sequestro di beni stimato in 3 milioni di euro.
Andiamo nei particolari delle richieste dell’accusa al Tribunale: i pm hanno chiesto la condanna a 3 anni e 4 mesi, con la concessione delle attenuanti, per Raffaele Partescano. Per l’accusa l’imputato «in qualità di amministratore della Fortuna srl» avrebbe «distratto 2 milioni di euro». I sostituti procuratori hanno chiesto, seppur nella formula dubitativa, l’assoluzione di Rosaria Arena (vedova di Campione) e Pietro Campione (figlio dell’imprenditore scomparso). Invece i magistrati hanno sollecitato l’assoluzione per non aver commesso il fatto nei confronti di Carmelo Piazza, Giuseppe Pintagro Gallarizzo (entrambi componenti del Cda), Sofia Rizzo e Francesco Torre (collegio sindacale).
Ieri ha discusso anche l’avvocato Mario Di Giorgio, che rappresenta la curatela del fallimento Sigenco, che si è costituita parte civile nei confronti di Campione, Arena e Partescano. Il penalista ha chiesto l’affermazione di responsabilità di tutti e tre gli imputati e il pagamento del risarcimento dei danni.
Nelle prossime udienze sono previste le arringhe della difesa.