Il processo
Trenta anni dopo via D’Amelio: spuntano due relazioni del 1994, ora sono prove in aula
Un raccoglitore ritrovato con l'etichetta "Materiale gruppo Borsellino" riapre il caso della strage Borsellino
Arnaldo La Barbera e la strage di via D'Amelio
Un raccoglitore impolverato, chiuso da nastrini e dimenticato in un angolo d’archivio. Un’etichetta scritta a mano, in rosso: “Materiale gruppo Borsellino”. E dentro, due relazioni che potrebbero riscrivere la storia di uno dei più gravi depistaggi della giustizia italiana. A distanza di trent’anni dalla strage di Via D’Amelio, quei documenti riemergono come fantasmi dal passato e approdano al tribunale di Caltanissetta.
Era il 2023 quando un poliziotto della Squadra mobile di Palermo, riordinando vecchi fascicoli, si imbatté per caso in quel raccoglitore scuro, marca Fabius. Dentro, annotazioni investigative che sembravano inghiottite dal buco nero della strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Fogli firmati, tra gli altri, da Maurizio Zerilli, all’epoca ispettore di polizia e oggi uno dei quattro imputati per depistaggio.
Le relazioni, datate 28, 29 e 30 giugno 1994, documentano sopralluoghi effettuati dal gruppo “Falcone e Borsellino”, guidato da Arnaldo La Barbera, insieme a Vincenzo Scarantino — il falso pentito che per anni fu al centro di una ricostruzione rivelatasi infondata. Il 7 luglio, La Barbera inviò una nota all’allora pm Ilda Boccassini, riassumendo gli esiti delle indagini per valutare la credibilità di Scarantino. Ma la nota, pur timbrata, non era firmata.
Oggi, quelle relazioni sono state mostrate dai pm al teste Pietro Ganci, poliziotto della Dia, durante il processo ai quattro poliziotti accusati di aver orchestrato il depistaggio. Prima della sua deposizione, la difesa ha chiesto di acquisire agli atti le dichiarazioni legate al ritrovamento.