beni confiscati
Dalla mafia alla solidarietà: così la casa del boss di Catania diventerà un luogo sicuro per i senzatetto
L'immobile sottratto al killer Maurizio Avola . L'assessore Viviana lombardo: «Il tessuto sociale della città crede in questa battaglia»

Da abitazione vista mare di Maurizio Avola, uno dei killer più spietati al soldo del clan Santapaola, ad “albergo sociale” per i senzatetto: inizia così la nuova vita per l’immobile al civico 16 di via Francesco Mannino Cefaly che confiscato alla mafia adesso diventa un centro di accoglienza per gli emarginati e i più fragili. I lavori di riqualificazione realizzati nell’ambito del programma nazionale Pon Metro Plus e Città Medie Sud 2021-2027 sono stati completati e adesso non resta che aspettare l’assegnazione tramite bando a un’associazione o ente del terzo settore. La competenza dell’immobile passa, infatti, alla Direzione comunale dei Servizi Sociali per attuare il progetto di accoglienza destinato a persone e nuclei familiari in condizioni di disagio sociale.
«Siamo riusciti a ristrutturare integralmente con fondi europei - dice l’assessore ai Beni confiscati Viviana Lombardo - ed è l’ennesimo esempio di come quest’amministrazione sta portando avanti molti progetti e sta concludendo anche i lavori con l’obiettivo di restituire alla città i beni sottratti alla criminalità. Questi immobili devono essere restituiti alla città, non ha senso tenerli in decadimento, chiusi o vuoti, ma devono essere spazi funzionali alla comunità».
La struttura, su due piani più il terrazzo, è dotata di pannelli solari e di tutti gli impianti a norma. Con uno spazio esterno tutto a girare. Maurizio Avola, oggi collaboratore di giustizia, si è accusato di numerose rapine e di circa 80 omicidi, tra i quali anche quello del giornalista Giuseppe Fava il 5 gennaio del 1984 e quello del fidato killer Pinuccio Di Leo commesso nel 1993 proprio nella casa confiscata. Delitti efferati che diventano un romanzo-verità. Nel 2008 Avola ha affidato a due giornalisti la sua storia nel libro “Mi chiamo Maurizio sono un bravo ragazzo ho ucciso ottanta persone”. Per mesi Roberto Gugliotta e Gianfranco Pensavalli l’hanno ascoltato e intervistato nel carcere dove all’epoca era detenuto. Nella sua lunga storia da collaboratore di giustizia ha partecipato a innumerevoli processi, dalle stragi del ‘92 al periodo del terrore in via dei Georgofili del ‘93, ai processi Orsa Maggiore contro la cupola catanese retta da Nitto Santapaola. Ultimamente si è autoaccusato di avere partecipato alla Strage di Via D’Amelio, sollevando però parecchi dubbi agli stessi investigatori nisseni.
L’annuncio della destinazione d’uso dell’immobile di via Cefaly ad “albergo sociale” (con la supervisione del consulente ai Beni confiscati Michele Cristaldi) arriva in un momento in cui, per via delle cronache degli ultimi tempi, c’è la necessità di sottolineare che lo Stato c’è. E che lo Stato vince sempre sull’illegalità e sulla mafia.
«Il Comune - spiega l’assessore Lombardo - gestisce oltre 149 immobili e ce ne sono in arrivo altri 30 circa. C’è un grandissimo fermento su questo tema da parte delle associazioni e del terzo settore. Immaginate che abbiamo aperto il bando per l’Osservatorio prima dell’estate, hanno partecipato già 45 associazioni che si sono iscritte, ma lo stiamo riaprendo perché altre 50 realtà hanno manifestato l’interesse a fare parte dell’Osservatorio. Questo cosa significa: che il tessuto sociale della città crede in questa battaglia, nella battaglia dei beni confiscati alla mafia e crede nella possibilità di riscatto sociale e di riutilizzo di questi beni. Le istituzioni ci sono e l’aiuto da parte dei cittadini e del terzo settore è una garanzia»
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