Inchiesta 12 apostoli
Processo al "santone" Capuana: la difesa ricorre alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
La sentenza di primo grado, salvo sorprese, dovrebbe arrivare il 14 ottobre prossimo.

1576521186696_1618517819019
L'ora X si avvicina. Il 14 ottobre prossimo è prevista l'ultima udienza del processo complesso e delicato dell'inchiesta "12 apostoli" che ha portato davanti al Tribunale di Catania Pietro Capuana, in qualità di «vertice» dell'Associazione Acca di Aci Bonaccorsi, per l'accusa di abusi sessuali nei confronti di alcune minorenni che frequentavano la comunità. La Procura di Catania ha chiesto 16 anni di carcere nei confronti di Capuana e 15 anni per Fabiola Raciti e 14 anni ciascuno per Katia Concetta Scarpignato e Rosaria Giuffrida. Le difese, invece, hanno chiesto l'assoluzione per i 4 imputati.
Ma c'è un passo in più che ha compiuto la difesa di Pietro Capuana. Qualche giorno fa ha presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, dove si denunciano presunte gravi violazioni dei diritti fondamentali e la mancanza di un giudizio realmente imparziale. L'avvocato Mario Brancato, legale di Capuana, ha commentato in una nota: «Questo processo ha mostrato fin dall'inizio profonde criticità. Ci troviamo di fronte a due versioni radicalmente contrapposte, che avrebbero richiesto un serio contraddittorio e un'analisi oggettiva delle prove. La difesa ha chiesto con insistenza di poter mettere a confronto accusati e accusatori, come previsto dalle regole di un giusto processo. Eppure, questo diritto essenziale non ci è stato concesso. Un processo che nega il confronto diretto, che rifiuta la verifica delle accuse, non può dirsi equo. Al contrario, lascia emergere la sensazione che vi fosse già un convincimento preventivo, un pregiudizio che ha oscurato la serenità di giudizio». Per la difesa il «ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo» servirà a ristabilire «ciò che la Costituzione e le convenzioni internazionali garantiscono: la presunzione di innocenza e il diritto a una difesa piena».
Già nei mesi scorsi la difesa aveva presentato un'istanza di ricusazione del Presidente del Collegio giudicante, dopo la pubblicazione di un post sui social ritenuto del tutto inopportuno e incompatibile con l'imparzialità richiesta a chi è chiamato a giudicare. Ma sia la Corte d'Appello di Catania che la Cassazione hanno rigettato.
«Pietro Capuana non chiede privilegi, ma soltanto giustizia. Chiede che venga rispettata la sua dignità di uomo e i suoi diritti di imputato, perché un processo che parte dal sospetto e non dalla ricerca della verità non può essere considerato giusto», conclude il difensore Mario Brancato.
L'inchiesta scoppiò nel 2017 dopo la denuncia della madre di una delle presunte vittime. La polizia postale fece accertamenti e venne fuori il quadro accusatorio che è stato rivissuto nel lungo dibattimento.